martedì 29 gennaio 2019

At eternity's gate - come sopravvivere a se stessi


Van Gogh, Vincent. Chi si reca al cinema non può sbagliare in quel che va a trovare in questo film. Non è un biopic, anche se la storia ricalca fedelmente gli ultimi anni di vita del pittore e narra la genesi di alcune della sue opere più note.
Di quale pittore si parla, penso che lo sappiano tutti. Eccetto forse Da Vinci, le sue opere sono le più rappresentate e ricercate nella nostra epoca.

Eppure il film ce lo dice più volte: quel che stiamo osservando non è un eroe, un vincente che marcia inesorabilmente verso il suo successo. E' un fantasma che infesta la campagna francese di fine '800 mentre l'età moderna ha ormai conquistato tutti gli spazi.

Van Gogh / Dafoe (in corsa per l'Oscar come migliore attore protagonista)  brama la natura e un rapporto diretto con l'eterno e con Dio. Il personaggio rompe la quarta parete e si preannuncia agli spettatori postumi. Questa volta sì consapevolmente, anche se con il suo carico di forte inquetudine. 

Il film è notevole, l'uso dei colori, le inquadratura sfuggenti, non sono facili da digerire. Ma il regista Schabel (co-autore anche della sceneggiatura insieme a Carrière e Kugelberg ), dirige un film di certo impatto, sostenuto  dalle musiche di T.Lisovskaya.

Terminano le quasi due ore di film con la certezza che non si è detto tutto riguardo a questo personaggio della storia contemporanea e con un messaggio certamente ottimista per chi cerca nell'arte un mezzo di sublimazione e rottura.



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